Il ruolo del Fisioterapista nella diastasi addominale

corso bologna 162 retti addominali (presentazione)

La diastasi dei retti addominali è una disfunzione della parete muscolare addominale che colpisce sia il sesso femminile che maschile nella quale si riscontra un deterioramento qualitativo tessutale della linea alba e un aumento della distanza tra i due muscoli retti dell’addome. Ma qual è il ruolo della Fisioterapia in questo ambito? Ce ne parla la Fisioterapista Chiara Fabbri, in attesa del suo corso Riabilitazione della diastasi dei retti addominali (21 ECM, clicca qui per programma e iscrizioni), in programma dal 15 al 16 febbraio a Bologna. Buona lettura!

La conseguenza più frequente è la perdita di funzione di stabilizzazione della muscolatura addominale sia a livello posturale che di contenimento degli organi pelvici. (1)
I sintomi principalmente lamentati dai pazienti sono gonfiore addominale, discomfort legato all’immagine estetica percepita di sé, diminuzione della qualità di vita. (2)
Altri sintomi riconosciuti dai pazienti sono disturbi digestivi, dolore lombare, incontinenza urinaria; tutti questi sintomi possono portare ad una diminuzione della partecipazione sociale e del mantenimento di uno stile di vita attivo da parte dei pazienti, con ripercussioni sull’intera sfera psicosociale del soggetto.

Allo stato attuale la prevalenza della diastasi è stata studiata quasi esclusivamente nel sesso femminile, soprattutto nel periodo del post parto sul quale si sta concentrando principalmente la ricerca.
La prevalenza di tale disfunzione risulta essere del 33-74% nel post parto (2,3,4,5,6,7)
Si stima che a 6 mesi post parto ci sia una DRA nel 39% dei casi (8). A 12 mesi dal parto, il 33% delle donne sperimenta ancora la DRA (6). La DRA è stata riscontrata nel 39% delle donne anziane (6), paritarie sottoposte a isterectomia addominale (6,9) e nel 52% delle pazienti in menopausa uroginecologica (10), suggerendo che la DRA può persistere anche dopo l’età fertile.
La DRA ha una prevalenza 1.9 volte maggiore nel sesso femminile rispetto al sesso maschile (11).

Fattore di rischio principale per la diastasi nella donna è in primo luogo la gravidanza.
In gravidanza ruolo fondamentale gioca la qualità collagenica congenita, che incide in parte importante sulla resistenza viscoelastica alla trazione della linea alba durante la crescita volumetrica del feto e l’aumento della pressione intraddominale  (12). Il secondo fattore di rischio è il sovrastiramento della muscolatura addominale, stimata alla 38esima settimana di gestazione al 115% (13). Il peso del feto e il numero di gravidanze incide in modo proporzionale sulla presenza di DRA (6).  Il risultato è quindi quello della presentazione clinica, non necessariamente sintomatica della diastasi nel post parto soprattutto nella regione sopraombelicale. Si ipotizza che l’area addominale sottombelicale sia più protetta per la maggior presenza di fibre di trasverso addominale.

DRA e disfunzioni pelviche non hanno correlazione scientifica (14). Una presa in carico riabilitativa nel post parto può valutare la presenza contemporanea di entrambe queste disfunzioni; essere verranno trattate in modo separato e sincrono, con obiettivi e mezzi riabilitativi specifici per la disfunzione in essere.

Altri fattori di rischio per lo sviluppo di diastasi dei retti addominali sono un BMI al di sopra del normopeso (per l’aumento di adipe addominale e il conseguente aumento della pressione intraddominale), e il diabete per la sarcopenia associata. 

Esistono diverse linee di classificazione per la diastasi dei retti addominali, basate sulla valutazione di differenti parametri anatomici.
La classificazione di Nahas si basa sulla deformità miofasciale e sull’eziologia (8):

  • Diastasi di tipo A: presenta solo la diastasi dei muscoli retti, secondaria alla gravidanza, in presenza di una parete addominale piuttosto tesa (gravidanza)
  • Diastasi di tipo B oltre alla diastasi, vi è una lassità di parete delle aree laterali ed inferiore, soprattutto nella sua porzione sotto-ombelicale (lassità aponeurotica)
  • Diastasi di tipo C oltre alla diastasi dei retti e alla lassità di parete, i muscoli del retto in seguito ad una condizione congenita, sono inseriti lateralmente sui margini costali, i cui margini spesso definiscono un angolo acuto (congenita)
  • Diastasi di tipo D, la più rara, in cui vi è una scarsa definizione del punto vita, per inserzioni eccessivamente laterali dei muscoli obliqui (obesità)

Altre classificazioni sono fatte valutando la distanza tra i due muscoli retti (IRD) in posizione supina distesa con il metodo delle dita, con calibro o ecografia (17). 
Si basano su studi precedenti della larghezza fisiologica della linea alba (LA). Di questi ne citiamo due:

  • La classificazione di Rath si basa sul livello di distanza tra i muscoli retti in relazione alla sede (sopraombelicale, periombelicale, sottombelicale) e all’età del paziente. (15)
  • La classificazione di Beer si basa sull’ampiezza normale della linea alba determinata da 150 donne nullipare, dichiarata come 15 mm a livello xifoideo, 22 mm a 3 cm sopra ombelico e 16 mm a 2 cm sotto ombelico (16)

La diagnosi di diastasi dei retti viene fatta in base all’anamnesi e all’esame fisico, e può essere completata da esami diagnostici.
La presenza di un rigonfiamento addominale in linea mediana a seguito di una gravidanza è solitamente usata come prima linea d’indagine (8).
L’esame fisico può confermare la linea d’indagine sulla base di una rigonfiamento della linea mediana al di sopra o al di sotto dell’ombelico che viene amplificato se si fa sdraiare il paziente in posizione supina con richiesta di sollevamento di un arto inferiore.
L’esame fisico prosegue con la misurazione della distanza tra i muscoli retti: tale misurazione può essere fatta tramite il posizionamento di più dita tra i retti addominali, tramite calibro e tramite ultrasuoni, con il paziente in posizione supina. Tra queste tre modalità nessuna si è distinta come gold standard, e possono essere utilizzate a seconda della scelta dell’operatore che le effettua (17).

L’utilizzo di tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica vengono svolti in previsione di un intervento chirurgico per valutare la presenza di ernie addominali o epigrastriche oppure per valutare concomitanti patologie (18)

RUOLO DEL FISIOTERAPISTA NELLA DIASTASI DEI RETTI ADDOMINALI

La prima linea di trattamento per DRA è il trattamento conservativo. La fisioterapia è indicata quindi in primissima battuta (2;18). 

L’intervento chirurgico va preso in considerazione solo in caso di diastasi persistente dopo sei mesi di trattamento riabilitativo oppure in presenza di ernia ventrale sintomatica; l’intervento di gold standard è la plicatura dei retti addominali tramite intervento di chirurgia addominale o di chirurgia plastica (18).

Non è stato invece ancora sufficientemente ricercato il ruolo della fisioterapia nella prevenzione della diastasi dei retti durante gravidanza e preparto. Benjamin et al (1) hanno riscontrato che l’esercizio fisico prenatale mirato al miglioramento della resistenza della linea alba e dei muscoli addominali durante la gravidanza ha ridotto del 35% l’insorgenza di diastasi dei muscoli retti.

GESTIONE CONSERVATIVA DIASTASI

Il ritardo clinico nella diagnosi non ha ancora permesso di formulare dei range temporali idonei sulla presa in carico; spesso il paziente viene riferito a fisioterapia dal medico specialista anche dopo anni dalla primaria insorgenza della disfunzione. Accade anche che il fisioterapista valuti la presenza di diastasi in pazienti che accedono alle cure fisioterapiche per altri sintomi (come ad esempio dolore lombare, incontinenza urinaria, prolasso degli organi pelvici) (19).
La presa in carico nel post parto viene consigliata a 6-8 settimane  (24); per poter ottenere questa tempistica di accesso al trattamento riabilitativo risulta fondamentale il lavoro in equipe con la diagnosi precoce da parte del medico ginecologo durante la visita del post parto e il successivo riferimento a fisioterapista. 

VALUTAZIONE 

La valutazione fisioterapica della DRA si basa su anamnesi, esame fisico e valutazione funzionale dell’addome. 
Durante l’anamnesi deve essere riportata la storia clinica del soggetto; la presenza di uno o più dei fattori di rischio sopra citati (età, storia ginecologica donna, BMI, patologie); l’eventuale compresenza di ulteriori disfunzioni in area pelvica o addominale (18,21); i sintomi riferiti dal paziente; eventuali esami diagnostici eseguiti; lo stato psicosociale del soggetto in relazione alla qialità di vita percepita.
La valutazione viene integrata con la somministrazione al paziente di apposite scale di valutazione come ad esempio

  •  la PF10 (2) per la valutazione della funzionalità del soggetto in relazione ai sintomi
  •  la SF36 (21) per la valutazione della qualità di vita percepita

Nella valutazione manuale della diastasi  risulta fondamentale la valutazione della IRD con calibro o con metodo della distanza tra le dita (17). La IRD non è però l’unico parametro di valutazione per determinare la diastasi dei retti. E’ necessario valutare palpatoriamente altri parametri (22) come 

  • lo sviluppo della tensione sulla linea alba con contrazione volontaria dei muscoli del pavimento pelvico e dell’addome trasverso e loro coattivazione.
  • aspetti anatomici e funzionali della linea alba, come l’integrità delle strutture anatomiche durante riposo funzionale addominale (tensione fasciale o resistenza passiva alla palpazione).
  • risposta funzionale della linea alba durante una contrazione volontaria (tensione fasciale o resistenza passiva alla palpazione).
  • eventuale presenza di doming o invaginazione della linea alba durante gli esercizi.

La valutazione funzionale dell’addome prosegue con l’esame della funzionalità e dell’attivazione muscolare dell’addome durante esercizi che ricercano la stabilizzazione centrale della core (aslr test, ecc) e valutano la risposta della parete addominale all’aumento della pressione intraddominale (bombement test, ecc). 
Viene poi valutata la forza fasica e tonica della muscolatura addominale. 
Continua con la valutazione della stabilità statica e dinamica toracopelvica, delle sinergie addominodiaframmatiche (manovra hollowing, ecc) e addominopelviche (riflessoaddominoperinale, ecc) (22).

All’interno dei vari segmenti della valutazione funzionale è importante studiare tramite palpazione manuale o ecografo a scopo riabilitativo (RUSI) il comportamento funzionale della linea alba e la modifica della distanza tra i retti nei singoli test; questo indirizzerà la linea del trattamento riabilitativo successivo.

La valutazione fisioterapica può avvalersi, al solo scopo valutativo, dell’ecografo ad uso riabilitativo sopra citato (RUSI) (23) per migliorare la qualità oggettiva della valutazione e diminuire i bias di errore legati all’esperienza del fisioterapista nella valutazione manuale e funzionale.

TRATTAMENTO 

Ad oggi non esiste una linea terapeutica specifica raccomandata dalla ricerca, ma si trovano numerose proposte di intervento riabilitativo multimodale (20,24): rinforzo addominale convenzionale, esercizi di attivazione della muscolatura core addominale, esercizi di coattivazione della core addominale e del pavimento pelvico, esercizi combinati con corsetti addominali, esercizi con applicazione di taping, stimolazione elettrica neuromuscolare (NEMS) e NEMS associata ad esercizio core (2,20,23,25).

Gli obiettivi del trattamento riabilitativo conservativo sono rinforzare la parete muscolare addominale, favorire un’attivazione muscolare addominale che eviti la distorsione della linea alba durante il movimenti, far apprendere sinergie di movimento e posture che permettano al soggetto di gestire efficacemente gli aumenti della pressione intraddominale, elicitare un corretto pattern di attivazione addominale durante la respirazione (22). In conseguenza a tutti gli obiettivi precedenti è possibile pensare di  ridurre la distanza tra i retti addominali e ripristinare il ruolo biomeccanico di stabilizzazione della parete addominale.

Il trattamento riabilitativo come consigliato dalle linee guida (18) andrebbe mantenuto per sei mesi con una o due sessioni settimanali di terapia, al termine dei quali il fisioterapista effettua una rivalutazione del quadro funzionale del paziente: se i parametri funzionali della diastasi sono migliorati si procede all’impostazione di un corretto mantenimento dell’igiene di movimento all’interno delle attività di vita quotidiana  ADL. In caso di non miglioramento funzionale della diastasi o in caso di non soddisfazione del paziente è compito del fisioterapista riferire al medico di riferimento del curante per la valutazione dell’intervento chirurgico.

CONCLUSIONE

Il trattamento conservativo della diastasi addominale può avvenire in diversi momenti della vita di chi ne è affetto: precocemente a 6-8 settimane nel post parto; qualora non venga diagnosticata nel post parto al momento della presentazione dei sintomi associati e percepiti dalle pazienti. Ancora, nel momento della presa in carico di altre disfunzioni cui si riscontra concomitante la diastasi addominale.
Il trattamento riabilitativo conservativo si è dimostrato prima opzione terapeutica per la maggior parte delle diastasi addominali ed è di competenza del fisioterapista, che valuta la funzionalità del distretto ed attua un programma riabilitativo sulla base degli obiettivi riabilitativi, tenendo conto delle aspettative e delle necessità del paziente. 

Chiara Fabbri: Laurea in Fisioterapia presso Università degli Studi di Ferrara, sede di Faenza nel 2011. Libero professionista. Si occupa di riabilitazione del pavimento pelvico e diastasi addominale all’interno da oltre dieci anni; già docente a contratto delle materie di riabilitazione nella diastasi e riabilitazione del pavimento pelvico pre-post parto presso sedi universitarie. Ha eseguito formazione pelviperineale e dermatofunzionale con docenti nazionali e internazionali.

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